Diabete gestazionale e attività fisica in gravidanza
Ormai da tempo, per il mantenimento di un buono stato di salute, si considera quasi scontata l’importanza dell’attività fisica, anche in gravidanza.
Dalla ricerca scientifica, al mondo del fitness, si promuove l’esercizio fisico quale utile strumento per migliorare la condizione di salute, stimolando all’attività fisica anche quei target considerati “fragili,” come: gli anziani, gli ammalati e le donne in gravidanza.
C’è da ricordare però, che nella maggioranza dei casi, lo stato gravidico è ben lontano dall’essere uno stato patologico; tutt’altro, è il momento di massima espressione genica dell’essere femminile. Inoltre, anche quando insorgono patologie metaboliche, tipiche della tempesta ormonale in atto, come il Diabete Gestazionale Materno (GDM), mentre una buona parte del settore sanitario continua a consigliare prima il riposo, per poi giungere alla prescrizione delle terapie farmacologiche; altrettanta parte si impegna nel raccomandare lo svolgimento di una regolare attività fisica anche in gravidanza, quale massimo strumento di prevenzione e utilissimo strumento terapeutico, coadiuvante le soluzioni farmacologiche.
Anche durante la recentissima iniziativa dedicata al GDM, svoltasi a Roma lo scorso 4 luglio –
“13th One day on Hyperglycemia in Pregnancy 2019 – Health care all over the world” - sostenuta dall’Azienda Ospedaliera Sant’Andrea e dalla facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università La Sapienza di Roma - si è ribadita la potenza terapeutica dell’esercizio fisico quale farmaco naturale. Questa occasione è stata particolarmente incisiva sul tema, grazie alla sinergia creata tra il mondo sanitario, rappresentato dal congresso internazionale e il settore tecnico-sportivo, aderente al Polo della Salute Method. Durante l’evento, al fianco di relazioni medico-scientifiche, sono state proposte altrettante esercitazioni tecnico-pratiche, quali soluzioni didattiche specificatamente rivolte a donne in gravidanza con GDM.
Analizzando qualche dato sul DGM si osserva come, oltre a rappresentare la complicanza metabolica più frequente in gravidanza, con un’incidenza media del 6% in Italia, sia anche un indice predittivo di alterata tolleranza al glucosio (IGT) e/o di diabete tipo2. Infatti, donne con pregresso GDM, hanno una probabilità del 50% di sviluppare diabete entro due decadi successive alla diagnosi. Pertanto, svolgere un’adeguata quanto regolare attività fisica, durante la gestazione, può proteggere dall’insorgenza di numerose complicazioni; regalando, per contro, innumerevoli benefici, in particolare, come dimostrato da numerosi studi scientifici: la tendenza a migliorare la sensibilità insulinica, a ridurre i livelli plasmatici di glucosio (attraverso meccanismi insulino - e non - insulino mediati), a ridurre l’insorgenza dell’obesità.
Per ottenere tali benefici, però, l’esercizio fisico deve essere prescritto, strutturato e programmato secondo parametri ben specifici: tipo, durata, frequenza, intensità e progressione. Infatti, dagli ultimi studi pubblicati su NMCD* - Gennaio 2019 - dalla dott.ssa N. Di Biase e associati, emerge l’importanza della prescrizione dell’esercizio fisico, quale strumento preventivo e terapeutico del trattamento del Diabete Gestazionale. Questi parametri, se prescritti dallo specialista e ben programmati dall’istruttore specializzato di riferimento, possono diventare potenti principi attivi della nuova ricetta sanitaria 4.0.
Relativamente alla tipologia di lavoro metabolico utile a donne con GDM, si è dimostrata l’efficacia di esercitazioni aerobiche, congiunte a esercitazioni di potenziamento muscolare nell’ambito della stessa sessione.
Di utilissimo riferimento, a causa dello spostamento del baricentro e della conseguente perdita di equilibrio corporeo, anche l’allineamento posturale e l’esercizio respiratorio, che, insieme, rinforzano il rachide, rimodulano la pressione degli organi interni (fortemente compressi dalla condizione gravidica) e stimolano la consapevolezza dei mutamenti corporei, realizzando anche un momento di intimo contatto nella diade madre-feto.
Per la durata e la frequenza con cui svolgere esercizio fisico strutturato si rimanda, ovviamente, al grado di attività fisica precedente la gravidanza, oltre che valle caratteristiche morfofunzionali della madre e all’andamento dell’eventuale patologia. In via generale si possono distinguere due opzioni diversificate durante le quali perseguire obiettivi specifici diversificati. Mentre per le donne meno attive l’obiettivo principale diventa la mobilizzazione generale di tutto ilo corpo e la frequenza diviene, negli obiettivi, quotidiana con durata da 30’ a 50’ minuti, nelle donne maggiormente attive si propongono valide soluzioni di lavori aerobici, alternati a lavori di potenziamento muscolare i cui obiettivi specifici puntano al mantenimento di una fitness cardiometabolica ottimizzata, grazie all’esercizio individualizzato con cardiofrequenzimetro.
La frequenza quotidiana s’intensifica nella durata, aggiungendo un lavoro di stimolazione propriocettiva della muscolatura perineale, oltre che di flessibilità del rachide, specificatamente nel suo tratto lombare. Altrettanta importanza è dedicata all’utilizzo delle tecniche di stretching che dovrebbero essere strettamente limitate a donne con grande consapevolezza corporea e, comunque, sempre evitando tecniche di stretching passivo e attivo-dinamico, a causa dell’aumento di relaxina, ormone responsabile della lassità del tessuto connettivo, fisiologica al parto.
A conclusione del lavoro tecnico-sanitario si è accennata anche all’estrema validità del lavoro metabolico proposto in acqua, che aggiunge a quanto già proposto, quelle caratteristiche funzionali che solo l’elemento liquido riesce a donare: miglioramento della microcircolazione, lavoro in decontrazione della catena cinetica posteriore, specificità del lavoro respiratorio, facilità di potenziamento muscolare, senza pericolo di traumi, oltre a un contatto materno-fetale del tutto speciale.
In conclusione, ad oggi, si può sperare in una proficua sinergia professionale tra tecnici altamente qualificati e medici specializzati nella cura del diabete, affinché l’esercizio fisico sia non solo parte integrante di una giusta programmazione motoria su soggetti sani, ma coadiuvi a pieno titolo le terapie farmacologiche, quando si è in presenza di patologie fortemente invalidanti e altrettanto diffuse come il GDM.
Per riuscire in tale intento sarà necessaria tutta la collaborazione e tutta la professionalità di entrambi i settori che, troppo spesso, si contendono il primato per la salute delle persone, senza dialogare su comunità d’intenti e, soprattutto, senza condividere strategie.
Dott.ssa Flaminia Pastori
Coordinatore Tecnico Nazionale Polo della Salute
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